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domenica 10 novembre 2024

FAUDA E BALAGAN — il Blog di Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi

Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi

ALFREDO DE GIROLAMO - Dopo un lungo periodo di vita vissuta a Firenze in cui la passione politica è diventata lavoro, sono tornato a vivere a Pisa dove sono cresciuto tra “Pantere”, Fgci, federazione del partito e circoli Arci. Mi occupo di ambiente e Servizi Pubblici Locali a livello regionale e nazionale. Nella mia attività divulgativa ho pubblicato i libri Acqua in mente (2012), Servizi Pubblici Locali (2013), Gino Bartali e i Giusti toscani (2014), Riusi: da rifiuti a risorse! (2014), Giorgio Nissim, una vita al servizio del bene (2016), SosteniAMO l'energia (2018), Da Mogador a Firenze: i Caffaz, viaggio di una famiglia ebrea (2019). ENRICO CATASSI - Storico e criminologo mancato, scrivo reportage per diversi quotidiani online. Svolgo progetti di cooperazione internazionale nei Paesi in via di sviluppo. Curatore del libro In nome di (2007), sono contento di aver contribuito, in piccola parte, ad Hamas pace o guerra? (2005) e Non solo pane (2011). E, ovviamente, alla realizzazione di molte edizioni del Concerto di Natale a Betlemme e Gerusalemme. Gli autori insieme hanno curato i seguenti libri: Gerusalemme ultimo viaggio (2009), Kibbutz 3000 (2011), Israele 2013 (2013), Francesco in Terra Santa (2014). Voci da Israele (2015), Betlemme. La stella della Terra Santa nell'ombra del Medioriente (2017), How close to Bethlehem (2018), Netanyahu re senza trono (2019) e Il Signor Netanyahu (2021).

Il Papa a Bari: il dialogo sfida l’intolleranza

di Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi - sabato 07 luglio 2018 ore 13:09

Foto di: Sky TG24

Bari accoglie l’Oriente cristiano nel nome della pace. Il luogo scelto da papa Bergoglio per riunificare la cristianità, divisa da secoli di odi atavici, scismi e infinite incomprensioni, è il reliquiario di San Nicola tra le mura della Basilica. Francesco riceve i patriarchi delle chiese cattoliche e ortodosse sostanzialmente per definire una strategia comune in difesa delle popolazioni del martoriato Medioriente. 

In una regione con 258milioni di abitanti, condizionata da violenza e instabilità, i cristiani rappresentano, secondo le ultime statistiche, una minoranza anche se con profonde radici: sono oltre 14,5 milioni. In netto calo rispetto allo scorso secolo, fa eccezione solo la Turchia di Erdogan che registra un leggero incremento della popolazione seguace della croce di Cristo. Numeri più che dimezzati invece in Siria, Iraq ed Egitto. In quest’ultimo Paese tuttavia è presente la più grande comunità dell’area con quasi 10milioni di fedeli (10%). 

In Giordania sono 350mila e 30mila sono giunti dal vicino Iraq in questi anni. Mentre nel Libano dei cedri, un tempo dei maroniti e oggi dei minareti di Hezbollah, sono scesi al 40%. Percentuali poco sopra al 2% in Israele (nel 1948 erano il 20%) e Palestina. A Gaza, nel regno del fondamentalismo di Hamas, sono oramai uno sparuto gruppo che “resiste” con tenacia alle avversità: 1300 su 2milioni di abitanti. 

Nella Città Santa di Gerusalemme contano circa 16mila residenti su un totale tra le due parti, Est e Ovest, di circa 870mila cittadini. Contesti complicati da intrigate guerre per l’ultimo baluardo di una tradizione secolare del variegato mondo arabo, dove la loro presenza, nella culla del cristianesimo, potrà essere garantita con la convergenza delle “famiglie” che la compongono. Garantire un futuro a questa minoranza di fedeli è l’assioma del pensiero del Pontefice. 

Il cammino del Vescovo di Roma per arrivare a ricostruire un’unità è iniziato nel 2014, un anno dopo la sua elezione al soglio pontificio. Quando a Gerusalemme assieme al Patriarca di Costantinopoli ha varcato la porta del sancta sanctorum della cristianità. Arrivarono all’ingresso del Santo Sepolcro da due porte diverse, poi l’abbraccio tra Bartolomeo e il successore di Pietro, il cammino, sorreggendosi a vicenda, segnava con gesti fraterni un rapporto irreversibile tra le due chiese. Ad attendere i venerabili Padri a pochi passi dall’Edicola, cuore del complesso religioso conteso, il patriarca ortodosso di Gerusalemme Teofilo III. 

Nel 2016 nell’antico monastero di Khor Virap per il papa venuto dall’Argentina c’è la stretta di mano con il patriarca armeno Karekin II. Lo stesso anno a Cuba nell’aeroporto dell’Avana incontra il Patriarca di Mosca Kirill, sotto gli occhi del comunista Raul Castro e con gli auspici dello zar Putin. Nel 2017, al Cairo, il Vescovo di Roma e il “Vescovo” di Alessandria, il Patriarca copto ortodosso Tawadros II, sono uno difronte all’altro e gli sguardi dei due “Papi buoni” segnano l’ennesimo evento storico. In un momento particolarmente difficile per la comunità cristiana oggetto di una terribile ondata terroristica di matrice jihadista. 

Papa Francesco ha indirizzato il suo apostolato su due piani: la tradizione spirituale della morale francescana e la liturgia della preghiera come spazio di azione “politico e diplomatico”. Optando per un approccio pastorale incentrato sull’umiltà e la simpatia. È l’artefice di comportamenti e uno stile semplice che ha scosso la chiesa. A Bari non ha messo in atto la chiamata ad una nuova crociata in Terra Santa ma l’estremo tentativo di salvare un Medioriente di nuovi martiri. 

Un segnale d’incoraggiamento ai cristiani della regione e allo stesso tempo una richiesta di appoggio incondizionato e repentino alla Comunità internazionale. Non è un caso che il Pontefice più amato, vox populi, abbia scelto come “consigliere” l’amministratore apostolico del patriarcato Latino di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa, frate e biblista già Custode di Terra Santa che ha lavorato per mesi all’incontro in Puglia ricucendo e tessendo le fila della visione bergogliana. La teoria del dialogo sfida quella dell’intolleranza.

Leggi anche su www.ilmedioriente.it

Alfredo De Girolamo e Enrico Catassi

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