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martedì 19 marzo 2024

RACCOLTE & PAESAGGI — il Blog di Marco Celati

Marco Celati

MARCO CELATI vive e lavora in Valdera. Ama scrivere e dipingere e si definisce così: “Non sono un poeta, ma solo uno che scrive poesie. Non sono nemmeno uno scrittore, ma solo uno che scrive”.

La casa palafitta

di Marco Celati - lunedì 02 maggio 2016 ore 12:20

Ci sono giorni che la tristezza mi prende. Mi arriva la sera, a fine giornata, quando il sole pallido si abbassa sul mare e sento come una stanchezza addosso, un male dentro. Non è depressione, è malinconia della vita. E se mi affaccio al terrazzo o mi siedo allo scrittoio davanti alla finestra, resto così per un tempo che sembra infinito: guardo la spiaggia e la marea che monta e piano piano lambisce i pali che reggono la casa palafitta in cui vivo. Poi l'acqua si stende ancora e si resta così, sospesi nel mare e nell'aria in uno spazio illimitato. Una casa di legno dipinta di colori che vanno dal bianco al grigio celeste, stinti dal sole, dalla pioggia e dal vento sabbioso. Lontano, lungo la costa, altre case come questa e nel mezzo niente, solo la spiaggia e le dune basse e di fronte il mare d'inverno, freddo e grigio del nord. Grigio anche il cielo. Sono venuto qui qualche anno fa, per lavoro: dovevo vedere un parco eolico, testarne l'impatto ambientale, acustico e visivo, verificarne l'apporto energetico, l'energia rinnovabile prodotta dal vento. Salito in cima ad una pala di circa centotrenta metri di altezza con la testa che mi girava, a corto di ossigeno per la salita su per la scala interna, con l'imbracatura di sicurezza, accompagnato dall'ingegnere belga a cui volevo tener dietro con italo ardimento. Lui apre una botola e esce all'aperto, nel vuoto, sopra la navicella e io nel panico, ma non mollo, se vai te vado io : il cielo mi si affaccia alla vista, l'orizzonte spazia su ogni lato e davanti si estende il mare con gli aerogeneratori off shore in fila, paralleli alla costa, in mezzo alle acque, al largo, le eliche che girano veloci, sospinte dal vento del nord.

Sono rimasto qui forse per questo, forse per i bagni con poche sdraio e gli ombrelloni chiusi e qualche coraggioso e intirizzito bagnante o forse perché la sera presto viene buio e tutti stanno chiusi nelle case o nei pub e nessuno per strada. Mi erano piaciute la riservatezza e la solitudine della gente nordeuropea e l'ordine severo che le regola. Mi piacciono ancora. Anche se ci sono giorni che la tristezza mi uccide. Ci sono giorni che il mare muggisce e le onde sembrano trascinare la casa, giorni che il vento urla e sbatte le imposte e la pioggia scroscia sul tetto e picchia ai vetri incessante. I bagliori delle scariche elettriche, il fragore dei tuoni. Non sono i giorni peggiori: la tempesta scarica la mente. Poi tutto rischiara e torna sereno: l'orizzonte vasto e piatto. Alle volte è nevicato sul mare.

La casa ricorda, a vederla da fuori, i retoni sulle dighe a Bocca d'Arno, quell'intreccio sospeso e intrigato di pali e di assi di legno, solo più composta, solo diversa è la luce: più fredda quaggiù.

Il lavoro che dovevo è finito da un po', le misure son prese, eppure qualcosa mi attrae ancora, mi trattiene in questo vuoto, in questo niente che sembrano così pieni, così tutto, così dilatati, immersi in un'algida bellezza.

Mi arrivano gli echi del mondo, dai giornali che leggo in città sui tavoli di qualche locale, quando vado per gli acquisti e la spesa. Dal computer che in rete mi rimanda notizie, le volte che chiedo. Ma provo fastidio. Ho la mia scorta di libri ancora da finire, scrivo poco, lascio appunti in memoria. Il tempo non manca, avanza e più spesso lascio che scorra in silenzio. Osservo lo spazio e la luce, le nubi che si addensano e si appoggiano bianche alla terra in costruzioni imponenti, che si gonfiano grigie e minacciose, che stanno alte, a cirri, nel cielo e vanno veloci. Mi raggiungono memorie di affetti. E non so se sia tempo di restare o tornare. Se c'è un dove, qualcuno che aspetta e perché dovrebbe o dovrei.

La marea si ritira e lascia conchiglie, gli avanzi del mare e come un limo compatto che asciugano i venti. Si può correre o camminare sulla spiaggia: a volte vado la mattina o il pomeriggio, fisso un punto, molte case più in là, un bagno lontano, un pontile che aggetta sul nulla, s'incrociano altre persone in tute sportive, un saluto con la mano, con un cenno del capo, qualcuno si riconosce, poi il ritorno.

In città c'è una ricorrenza, una specie di fiera, ci sono giochi e giostre, baracconi, festoni colorati, bancarelle nelle strade e nelle piazze centrali, come un tempo da noi. Funzionano la sera con il buio e le luci che si accendono presto. Le vetrine di lusso con le merci costose. I ragazzi vocianti, qualche birra di troppo. Preferisco di no.

Sul terrazzo di assi legno ho una sdraio: quando non fa freddo o anche con una coperta è piacevole stare: in alto, sul paesaggio davanti al mare. A volte ci pranzo o sorseggio un tè. Penso è qui che con lei vorrei stare, forse a lei piacerebbe una casa così strana e questa veranda su cui mangiare con il mare che si muove e i gabbiani che gridano e attraversano il cielo. La compagna. La bambina e i figli ormai grandi. E tutto l'amore doloroso del mondo. Forse davvero è ora di tornare.

Marco Celati

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Mare del Nord, 20 Febbraio 2016

Potrei anche non dirlo, ma devo confessare che, oltre ad un viaggio di lavoro ad Ostenda, l'idea dell'abitazione a palafitta si deve ad un film strano e intrigante, "Womb, il grembo di Rebecca" e nel finale, l'amore doloroso del mondo riprende "della vita il doloroso amore" dell'Ulisse di Saba. Tutto e meglio è stato già scritto. Nel film "Flash of Genius", che narra la storia di Robert Kearns, inventore del tergicristallo a oscillazione regolabile, il protagonista, all'accusa di aver utilizzato meccanismi già esistenti in un'auto e non aver inventato nulla di nuovo, replica esibendo un vocabolario. Tutte le parole vi sono contenute, ma è come si combinano che si crea ogni nuovo romanzo. E nessuno può accusare un autore di plagiare il vocabolario. Chissà se è proprio vero. Dopo molti anni Kearns vinse la causa intentata contro la Ford che non voleva riconoscere la sua invenzione di cui, anzi, si era impossessata ed ebbe un risarcimento milionario e il riconoscimento della ragione di una vita, condotta fin quasi alla follia. Sacrificò esistenza ed affetti, chissà se valeva la pena.

Marco Celati

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