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Attualità domenica 15 marzo 2020 ore 18:30

Un Gracchio corallino all'Elba d'inverno

Il Gracchio corallino al castello del Volterraio
Foto di: Antonello Marchese

Si tratta di un esemplare di una specie a rischio avvistato al castello del Volterraio. Ce ne parlano Antonello Marchese e Giorgio Paesani



PORTOFERRAIO — L'avvistamento di un esemplare di Gracchio corallino, specie in via di estinzione, è stato documentato al castello del Volterraio. 

Qui di seguito pubblichiamo la storia dell'avvistamento a cura di Antonello Marchese e le caratteristiche di questo esemplare a cura di Giorgio Paesani.

"La stagione invernale sarebbe quasi passata anche se gli eventi della cronaca ci portano stranamente indietro nel tempo. Non so ancora come sarà la stagione climatica e se la primavera subirà le ripercussioni di un inverno quasi assente e comunque strano: dopo le copiose piogge autunnali il clima è stato fondamentalmente assai mite e caratterizzato da violenti colpi di vento, soprattutto dai quadranti occidentali, che hanno asciugato il terreno, apportato il salino che insieme alla forza del ponente ha strinato le chiome della vegetazione mediterranea.

Ma le giornate per l’osservazione naturalistica e per ritrarre la natura non sono mancate - almeno fin quando ci potevamo muovere di casa - e così nei pomeriggi assolati spesso mi sono recato presso la struttura montuosa del Volterraio per documentare la vita naturale della mia isola. Il Volterraio è un luogo dove è facile avvistare in genere alcuni rapaci quali il gheppio e la poiana, qualche volta lo sparviere. Anticamente forse il luogo era caratterizzato dalla presenza degli avvoltoi italiani, oggi quasi del tutto scomparsi dalla nostra penisola, alcuni tra i più grandi volatili del pianeta. Non dimentichiamoci che secondo alcuni autori il nome del luogo deriverebbe dal latino vultur che significherebbe proprio avvoltoio e esperti ornitologi non escludono un’antica presenza dei grandi accipitridi. 

Nella porzione più bassa della torre rocciosa nelle macchie e boscaglie possiamo incontrare gli appartenenti alla famiglia dei silvidi, quali l’occhiocotto, la magnanina e la capinera, in genere molto timidi e nascosti tra la vegetazione, difficili da ritrarre e quest’anno lo sono stati più del solito. Tra l’inizio del sentiero, presso le casematte, e la chiesetta di San Leonardo nella stagione invernale ho ritratto spesso il pettirosso con alcuni buoni scatti anche nella stagione quasi trascorsa. 

Dal vecchio muro di difesa, prima di San Leonardo e per tutta la parete rocciosa esposta a sud si trova il regno dei codirossi spazzacamino, posti sulle estremità delle rocce, come le sentinelle di una volta a difesa della fortezza, sembrano scrutare la vallata con buffi scatti, gli inchini rapidi sulle zampe, che indicano il loro stato di allerta, proprio come quello delle antiche guardie della rocca, pronte a scattare per dare l’allarme. Del codirosso spazzacamino nelle stagioni passate ho effettuato ottimi scatti mentre quest’anno non mi hanno dato grandi occasioni per ritrarli osservandone sicuramente meno del solito. Quasi tutta la torre di roccia è caratterizzata dalla presenza delle pernici, difficili da ritrarre, se non da molto lontano, o al volo con scarsi risultati, quando partono improvvisamente come un colpo di fucile. 

Da San Leonardo in su, fino al castello si trovano i sordoni e potrei dire che sono loro i residenti del castello nella stagione fredda, provenendo da più alti rilievi per svernare all’isola. Amanti delle pareti rocciose soleggiate scrutano il panorama dalle mura della fortezza, spostandosi poi sulle pietraie e sul pendio detritico in piccoli gruppi, all’apparenza abbastanza tranquilli, poiché frequentatori di elevate montagne e quasi ignari della presenza e del disturbo dell’uomo e quindi facili da ritrarre. In passato tra i residenti invernali del Volterraio ho osservato il picchio muraiolo dalla bella colorazione rossa, nera e bianca delle ali, aggrappato alle bozze del castello con i lunghi artigli pronto a beccare i piccoli insetti che vivono nelle fessure della pietra. 

Quest’anno però a compensazione di alcune specie che sono state meno frequenti, assenti, o forse solo più timide, il castello ha vantato un altro interessante residente: spesso ho fotografato il corvo imperiale sui merli (quelli di pietra) della rocca, specie abbastanza comune sui rilievi e colli elbani, e così in un pomeriggio poco prima di Natale, impugnata la fotocamera mi preparavo a scattare l’ennesima foto a uno di questi inquilini totalmente scuri. In realtà osservando meglio con il teleobiettivo ho visto il becco rosso dell’animale, che mi portava a identificarlo quale appartenente ad un’altra specie. Si trattava del gracchio corallino che non avevo mai osservato all’Elba. Sono tornato diverse volte presso la fortezza nei pomeriggi invernali ritrovando l’amico gracchio che puntualmente poco prima del tramonto rientrava 'a casa' da una giornata passata a nutrirsi sui rilievi orientali. L’animale dopo essersi pulito ripetutamente il becco sulle mura del castello e fatta la toilette della sera, si godeva l’ultimo sole della giornata e uno dei più bei tramonti dell’isola prima di rientrare dentro una delle fessure sul lato di ponente della rocca per osservare, romantico gracchio, l’ultima luce con la Corsica, le isole dell’Arcipelago e tutte le sfumature e i contrasti di colore sulle valli e i rilievi del Capanne, chiari e scuri tipici del calar del sole negli inverni isolani".

Antonello Marchese, Guida ambientale, Guida Parco e fotografo di natura.

Il Gracchio corallino

"Il Gracchio corallino (Pyrrhocorax pyrrhocorax) è un corvide strettamente legato ad ambienti rocciosi associati a zone a pascolo con vegetazione erbacea. Evita le aree boscate e le zone umide. Frequenta sia ambienti di alta montagna che costieri e insulari purché rispettino le sue esigenze ecologiche.

Fortemente gregario, la sua popolazione è strutturata in modo da avere un piccolo numero di coppie effettivamente riproduttrici e una larga parte della popolazione non riproduttiva, alcuni soggetti collaborano con le coppie (i cosiddetti “aiutanti”). Questa particolare struttura della popolazione è probabilmente un adattamento alla vita in ambienti selettivi e talvolta difficili come quelli rocciosi e montani nei quali la componente climatica può impattare notevolmente sul tasso di riproduzione e di sopravvivenza. Nidifica costruendo un nido piuttosto voluminoso dentro cavità rocciose inaccessibili, e utilizza cavità rocciose pure per dormire. Tra i corvidi è probabilmente il più abile nel volo acrobatico nel quale si diletta lungamente, senza nessun altro motivo apparente se non quello del gioco.

Cerca il cibo solitamente a terra utilizzando il lungo becco ricurvo, talvolta lo cattura in volo. Si nutre principalmente di insetti e piccoli vertebrati che trova nell’erba o tra le rocce, talvolta affondando il becco in profondità o spostando sassi o zolle di vegetazione. Nella stagione autunnale e in inverno si nutre anche di bacche e frutti.

È sedentario, effettuando principalmente spostamenti altitudinali (nelle popolazioni di alta montagna) ed erratismi di breve distanza talvolta, molto raramente, anche di qualche centinaio di chilometri.

In Italia è una specie a rischio, la sua popolazione si è ridotta notevolmente negli ultimi 25 anni (si stima del 50 per cento) abbandonando molte zone dove un tempo era presente. In Toscana rischia l’estinzione locale in quanto l’unico nucleo nidificante nelle Alpi Apuane (già disgiunto dalla restante popolazione) conta ormai pochissime coppie. Nidifica in Sardegna e Sicilia, nell’Appennino centrale e meridionale e nel settore alpino occidentale ma la maggior parte delle popolazioni locali mostra una tendenza al decremento e in molte aree è ormai molto localizzato.

Il soggetto che ha passato l’inverno tra Cima del Monte e il Volterraio è un adulto in dispersione. Storicamente sono stati registrati altri casi simili al Giglio, in Capraia (fino a 7 soggetti nel 2003), e in alcune aree della Toscana settentrionale, questi ultimi casi probabilmente ascrivibili a soggetti in dispersione dalle Alpi Apuane. 

Non si può sapere con certezza da dove provenga il soggetto elbano, certo pare essersi trovato piuttosto a suo agio in un ambiente assolutamente idoneo per lui. Cima del Monte presenta ancora un ambiente a pascolo, seppur ridotto rispetto al passato, conservato dal locale gruppo di capre selvatiche. Questo ambiente è fenomenale e fondamentale non solo per le presenze preziose ma occasionali come il Gracchio corallino, ma anche per tante altre specie ad esso legate sia per la riproduzione (Pernice rossa, Calandro, Saltimpalo) che durante la migrazione (Culbianco, Codirossone, Ortolano e una lista infinita di altri passeriformi) o lo svernamento (Sordone, Pispola, Allodola). Pascoli e pratelli sommitali, in ambiente insulare, meriterebbero azioni di conservazione e di ripristino urgenti".

Giorgio Paesani, ornitologo


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