Storie di terrore e di mistero
di Pierantonio Pardi - giovedì 04 gennaio 2024 ore 09:00
Un vampiro si aggira, seminando terrore, per i vicoli di Pisa e un “qualcuno”, nascosto nell’ombra, racconta storie misteriose e dice di chiamarsi Pan. Questi gli ingredienti dei due prossimi libri che andrò a raccontare nel mio blog: Il primo si intitola “Tirami fuori da qui” di Emiliano Dalle Piagge ed il secondo è “La viola rossa” di Alessandro Scarpellini.
Iniziamo, rispettando una volta tanto l’ordine alfabetico, da Emiliano Dalle Piagge:
EMILIANO DALLE PIAGGE
Tirami fuori di qui
La paura non bussa alla porta, non ti avverte, arriva improvvisa e imprevista, come un lampo in un cielo sereno. La paura dissemina indizi inquietanti, può travestirsi da clown o da bambola come nei romanzi di King e di Deaver o assumere le sembianze di un demone invisibile che disegna inquietanti graffiti sui muri dei vicoli della città vecchia, nel buio della notte, ombra che appare e si dissolve, lasciando per terra giovani donne esanimi.
E’ questo tipo di paura che sorprende un giorno Errante e Birda, i protagonisti di questa storia che cercheranno, a modo loro, di sconfiggerla, risolvendo un orribile mistero.
Errante, il ragazzo, porta nel suo nome un destino di ricerca e di avventura, come i suoi illustri predecessori, i cavalieri erranti, da Lancillotto a Orlando.
Errante è un erede post moderno di quella letteratura picaresca, si arrangia per vivere e abita in una stanza ricavata nello spazio vuoto tra due palazzi affacciati sul lungarno Mediceo, all’altezza dello scalo Roncioni, nella città di Pisa. Ma una notte accade una cosa che gli cambia la vita; subisce un’aggressione in un vicolo e, al suo risveglio, vede, riverso per terra il corpo di una ragazza e, dipinto sul muro, un graffito, tremolante, sbafato (…) E’ il ghigno di un vampiro: occhi risorti dal male, mascelle scoperchiate, denti come spine, orecchie puntute.
Ripresosi, inizierà ad indagare e chiederà l’aiuto di Birda, l’altra protagonista, Maglione della nonna due taglie più grandi, pantaloni strappati, dr. Martens consunti: Birda, la writer più cazzuta che esista. Ha bombardato coi suoi pezzi mezza Europa, una leggenda underground, una vera maledizione per le autorità.
Birda dovrà decifrare il graffito e da qui inizierà la quète, che alternerà, ad un ritmo adrenalico, spaccati di una vita di provincia, consumata tra i pub della piazzetta, molto alcool, jam session , indagini ad alto rischio, incontri metafisici, sesso e reali pericoli di morte.
Sì, perché i due dovranno vedersela con un vampiro…
Da sempre, da Nosferatu a Dracula la figura del vampiro ha popolato di incubi l’immaginario collettivo, rimanendo però confinata dentro i margini della letteratura e del cinema, ma quando un vampiro o un suo emulo si manifesta davvero, la musica cambia.
C’è poi un terzo personaggio, l’uomo che cammina, un misto tra un barbone e un mago che se ne va sempre in giro con il gatto dei primordi, un gatto molto particolare Il Gatto Dei Primordi vede tutto, sa tutto. Viene da lontano, da un foro nel tempo, arriva dritto dagli inizi capisci? (…) Vedi questi baffi? Hanno strusciato le pareti del mondo, lo stretto buco di culo che ci separa dalla morte,. Come nelle fiabe, questo personaggio avrà un ruolo centrale, in funzione di aiutante e fornitore del mezzo magico.
Non posso, avendo questo romanzo la tipologia di un thriller mystery, anticipare oltre della trama, che, nelle sequenze finali, raggiunge un climax da cardiopalma.
Due parole, adesso, sullo stile di Emiliano, di cui ho anticipato in corsivo, in questa prefazione, tre assaggi.
Il suo stile ricorda per certi aspetti l’hard boyled dei romanzi di Hammet e Chandler.
La sua è infatti una scrittura caratterizzata da periodi brevi, secchi, sincopati, un linguaggio crudo che, a tratti, sconfina nel gergale, con un sottofondo di pulp. Per altri invece rivela sfumature impressioniste, specie nelle descrizioni dei luoghi colti nei loro particolari e delle atmosfere che ci riportano a Zola e a Balzac, mentre nelle scene di sesso il pensiero corre subito a Bukowski e a Henry Miller.
Il suo è quindi una sorta di minimalismo ibrido contaminato da vari linguaggi, originalissimo e coinvolgente che, attraverso pennellate policrome, fotografa lo spaccato di un microcosmo provinciale inquieto, dissacrante e divertente che si trova d’un tratto improvvisamente di fronte all’orrore. Perché la paura non bussa alla porta e chi sprofonda nell’incubo non può che urlare: “Tirami fuori da qui”
Spesso la fortuna di un libro è legata all’incipit e infatti, durante un corso di scrittura organizzato nel 2018, da Daniele Luti e me, all’interno dell’ETS, per scegliere, dopo una selezione tra i partecipanti, due titoli per la collana Incipit, rimasi folgorato proprio da questo incipit:
La città è una fogna ed io nient’altro che uno dei ratti che la divorano. Ratti grossi come cristiani o come infedeli, poco conta, tanto nessuno si fa più il segno della croce comunque. Piazzetta straborda. Stiamo tutti ammucchiati a far sbattere i denti, a schioccare le lingue nel freddo, imperterriti; che hai fatto oggi? Hai visto quello com’è ridotto? Dammi una cicca, passa la boccia, e la luna picchia sul selciato affogando nelle gore di piscio, e nessuno qua attorno pare sapere che cosa stia realmente cercando. Io me ne sbatto, non cerco niente, solo un demone informe che striscia tra i vicoli, solo un groppo che ti strappa le viscere, e nel frattempo aspetto lei che ancora non arriva.
Il colpo di fulmine è stato immediato. Una scrittura visiva, cruenta, paratattica, un ritmo indiavolato.
L’unica perplessità da parte mia riguardava la tenuta: avrebbe mantenuto per le pagine a venire questo ritmo, questa icasticità di immagini?
Ebbene sì, Emiliano ci è riuscito, dando vita ad un romanzo pieno di colpi di scena e carico di suspense, come nel brano in cui Errante crede di vedere il mostro:
Giù in strada i lampioni perdono forza a contrasto col giorno imminente, ed ecco che dapprima lo avverto, corrosivo, annichilirmi i sensi, ma non capisco, che cosa succede? Che cos’è che mi chiama? E d’un tratto lo vedo, muoversi tra le macchine parcheggiate, con lo sguardo maledetto rivolto verso l’alto, puntato su di me come chiodo nella Croce.
E, più avanti:
E’ successo ancora. La terza vittima del Vampiro è stata trovata in fin di vita tra i rifiuti e il lerciume di un vicolo del centro. Sarebbe bastata l’infezione medievale che striscia tra le pieghe del selciato sconnesso a farle rischiare la vita, il piscio che corrode i muri e che si racchiude al centro delle strade, dove il calpestio dei passanti lo pigia con suole cariche di muffa e sterco. (…) E invece ci ha pensato Orlok a toglierle il respiro, a farla cadere nel buio.
Orlok, dunque o Nosferatu … comunque un vampiro e infine gli incubi ricorrenti di Errante, almeno tre, che lo aiuteranno però a trovare gli indizi e a scoprire l’identità del vampiro.
Ci sono molti altri ingredienti in questo romanzo: Pisa, descritta e raccontata nella sua movida, il sesso tra Errante e Birda, il gatto dei primordi, l’uomo che cammina, il cinema, in particolare, il Nosferatu di Murnau e la musica.
Non aggiungerò altro, visto che comunque questo libro è un giallo con venature noir dove c’è un’inchiesta che, con un finale mozzafiato, ci porterà a scoprire il colpevole.
Un’ultima curiosità. Nella finzione del romanzo Errante abita in un piccolo appartamento ricavato in un’ala di Palazzo Roncioni, palazzo che è sede dell’ETS, ma che anticamente vide la frequentazione di Ugo Foscolo che qui sedusse Isabella Roncioni, figlia di Angiolo Roncioni e di Dorotea Agostini Venerosi, di Vittorio Alfieri che nelle sale del palazzo diresse le prove del Saul e di Lord Byron che vi abitò per un certo periodo di tempo.
L’autore
Emiliano Dalle Piagge vive e lavora a Pisa nell’ambito della multimedialità. Cinema, musica, letteratura sono le muse che lo hanno sempre ispirato e guidato. Da questo trittico è nato un romanzo dalle lunghe ombre e dalle sonorità distorte dove, spesso, le parole si tingono di sangue.
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ALESSANDRO SCARPELLINI
La Viola Rossa
Inizierò a presentare il libro di Alessandro, partendo dal paratesto e citando quindi il risvolto di copertina.
Dal risvolto di copertina
Una costellazione di 7 racconti gialli introdotti da una storia che pare legarli tutti ad un misterioso filo: il sorriso silenzioso di Dio e una musica che fa palpitare il cuore e i sensi. Entrare dentro la psiche umana e i misteri dell'essere con vicende che contengono qualcosa che deve essere scoperto ed introduce a mondi inesplorati. Un nuovo modo di percorrere la narrativa gialla e di trasformarla in una visione "altra" della vita, quasi spilli di luce forassero le mura bianche della quotidianità e colpissero i nostri occhi socchiusi. C'è "qualcuno", nascosto nell'ombra, che li racconta… dice di chiamarsi Pan. A volte la musica delle parole è cupa e tagliente come la lama di un rasoio, altre volte pericolosa e dolcissima come un punteruolo di luce che cerca e tenta il cuore. Una pozione magica per entrare in corpi e pensieri, per percorrere sentieri solitari ed affollati in cui la vita si rivela in modo imprevisto ed improvviso scalfendo il falso pulviscolo della normalità. Ci sono sette movimenti, ma potrebbero essere molti di più, che, preceduti da versi che graffiano, portano dentro le vene sanguinanti dell'esistenza. Una voce misteriosa e magica narra queste sette storie che hanno a che fare con gli esseri viventi, con le ombre che li inquietano, con la luce abbagliante e violenta del sole, con la superbia e l'ambizione di essere od apparire, con la notte buia, con Venere che brilla insanguinata e il canto di cicale lontane. La vita forse non è quella che sembra… Un libro da leggere in molti modi, una sorta di filo d'Arianna che si intriga e s'annoda nel labirinto del Minotauro. E se noi tutti, a volte, fossimo degli assassini?
C’è da dire, innanzitutto, che Alessandro Scarpellini è un poeta che spesso si concede delle incursioni nella narrativa e racconta storie sospese e magiche, misteriose e analogiche perché all’origine c’è appunto la poesia che tende a stravolgere il filo logico della narrazione e che propone a livello subliminale, come viene giustamente notato in quarta di copertina, un viaggio dentro l’animo umano e certe zone d’ombra da cui nascono follie, fatti strani e sanguinari, accadimenti che vanno oltre il consueto.
Ma sentiamo dall’autore stesso un parere su questo suo libro e, a questo proposito, riporto quasi integralmente l’intervista di Guido Martinelli (scrittore e redattore de “L’Arno.it”) ad Alessandro Scarpellini durante l’evento “Un fiume di libri in piazza Cavallotti” 5 luglio 2021
Guido Martinelli
La grande voglia di ripresa, con attenzione e cautela, dopo le chiusure pandemiche, si riscontra anche osservando i manifesti delle numerose iniziative culturali all’aperto che si stanno susseguendo in tutti gli angoli della nostra penisola e ci accompagneranno in queste calde, serate estive. Una di queste è “Un fiume di libri in Piazza Cavallotti”, a Pisa, rassegna di editoria indipendente, iniziata il 29 giugno e si concluderà il 5 Agosto, nell’ambito del luglio culturale pisano, organizzata dalla Libreria Erasmus in collaborazione con nove case editrici locali e gli esercenti di Piazza Cavallotti. Tra i diciannove appuntamenti programmati ho scelto il primo di Alessandro Scarpellini, un autore che in questa manifestazione presenta tre libri di tre diverse case editrici. Il primo luglio ha presentato “La viola rossa”, edito da Felici Edizioni, in collaborazione con l’attore e drammaturgo Franco Meini, l’attrice Stefania Pugi e col supporto delle suggestioni e degli interventi musicali del sax e clarinetto di Giacomo Innocenti e della stupenda voce di Marina Mulopulos.
Di cosa parla questa Viola rossa?
“La viola rossa è un insieme di sette racconti di genere giallo noir, che ho scritto in vari periodi della mia esistenza, edito dalla Felici Edizioni, che ora sono stati assemblati, ma tutti legati a una voce che è il gran dio Pan o di uno che dice di chiamarsi Pan”.
Quello del flauto? (annuisce) E cosa rappresenta?
Che le certezze umane non sono certezze ma sono solo apparenze e in tutti i racconti c’è un filo unico che ci porta dentro le follie delle persone, l’emarginazione, e tutto ciò che mette in discussione la nostra vita.
Ma perché il dio Pan e non un altro?
Perché è il dio del timore panico che abita nel bosco e fa smarrire gli esseri viventi, già smarriti per conto loro, e la sua voce pone la domanda: “E se fosse Dio o l’umanità il vero assassino?”
Cosa sarebbe la viola rossa?
Si può intendere sia come strumento musicale sia come la macchia di sangue che sgorga dall’umanità a causa delle ingiustizie sociali, l’emarginazione, l’oppressione. E questo provoca una reazione violenta. Il dio Pan si chiede se la nostra vita valga la pena di essere vissuta o se è tempo di cambiare l’esistenza.
Sette storie, dunque.
La prima “Lungarni” è una torbida storia di pedofilia dove niente è come sembra ma che il commissario Pardossi risolverà leggendo un libro e conoscendo il suo autore, ma soprattutto seguendo un indizio … due occhi azzurri.
Lo scenario di questa storia è quello del lungarno Guadalongo che così descrive l’autore:
Il lungarno Guadalongo, di giorno, era un parcheggio d’auto, ma era difficile trovarvi posto. Era uno dei luoghi dove si pagava meno e difficilmente si rischiava di prendere multe Se arrivi alle sette forse cantilenava Vaselli che stava poco distante, in via Cattaneo. Di notte cambiava. Si trasformava, mutava. Strani giri. Macchine con uomini soli, tipi sospetti e pericolosi, scambi di roba, incontri misteriosi. Qualcuno faceva segnali con i fari. Finocchi, drogati, pervertiti, tossici maledetti diceva un suo collega fascista. Lui ogni tanto ci parcheggiava. Il Comune aveva messo dei lampioni, qualcuno li rompeva volutamente. Questa era la sua opinione. Il buio per certi incontri, traffici, giochi, era preferibile alla luce.
Scarpellini usa nelle sue storie vari registri linguistici, come nel brano che riporto qui sotto , dove riesce a mimetizzarsi in modo crudo e realistico anche nel linguaggio mellifluo e squallido del pedofilo:
E’ solo un gioco. Non c’è niente di male. Lo fanno i grandi. Non dire niente a nessuno, mai una parola. e’ un segreto fra noi. SSSSS. Ti porterò altri soldatini. Senti come è strano, come è bello. Stai tranquillo. Solo un minutino, tanto per divertirsi. Lasciati andare ed entrerà meglio. Dai, piccolo. Così giocano i grandi. Bravo, bravo, proprio così.(…)
Oppure, come nel secondo racconto, “Il vento delle mosche” dove così descrive la protagonista:
A Maria piaceva nitrire come le cavalle in amore, spogliarsi nella casa o nella stalla. Donare gli odori del suo corpo e del cuore. Non si preoccupava neppure che i suoi lavoratori potessero sospettare e scoprire l’adulterio
Luca è il suo amante, anche se dubita di essere l’unico; certo ignora la sorte che gli toccherà, quando dopo aver sognato Maria giacere insanguinata nel fieno con la camicetta strappata e senza più bottoni e un corno rosso in mano gettata nel secchio di latte che stava portando in casa, corre da lei per accertarsi che il suo sia stato soltanto un sogno e viene ucciso dal marito di lei che, sopraggiunto nella stalla, gli spara alle spalle e lo uccide.
Ma è il finale che inquieta:
(…) Don Luigi, con le lacrime agli occhi, parlò del male che confondeva il mondo e dell’amore di Dio che tutto redime. Il prete sudava (…) portava sempre con sé un piccolo corno rosso che sua madre gli aveva donato prima di morire. I suoi fedeli non sapevano che era superstizioso. Aveva un’altra strana ossessione: collezionava bottoni.
Non racconterò altro perché le storie nascondono sorprese e indizi che, appartenendo al genere giallo/noir, sarebbe inopportuno svelare, ma un’avvertenza per il lettore si rende necessaria: le storie di Alessandro si muovono in un territorio ibrido tra sogno e magia, sorrette da un lessico a tratti ermetico, a tratti visivo. Non seguono un filo logico, non dipendono da una trama precostituita, ma si nutrono di parole che vanno a formare quadri, a disegnare personaggi, a suggerire atmosfere dalle quali, come per incanto, prende corpo la storia. Sono storie a volte crudeli, a volte paradossali che trovano il loro corollario nelle liriche finali che le accompagnano e disegnano altri percorsi. Insomma più che leggere queste storie sarebbe opportuno farsi leggere da loro e perdersi nei labirinti che disegnano, senza affannarsi a ritrovare il filo.
L’autore
Alessandro Scarpellini è poeta e narratore. Ha vinto importanti premi letterari fra i quali il “Mystfest” (festival internazionale del Giallo e del Mistero”). Ha fatto parte dell’Accademia dei Notturni di Budrio (BO) con Bonvi, Francesco Guccini, Andrea G. Pinkets, Loriano Macchiavelli, Freak Antoni ed altri.
Sue pubblicazioni: L’astronave madre, L’amore segreto, Altra gente di Pisa (con Enrico Fornaini) La Viola Rossa, Il filo d’Arianna (con Pierantonio Pardi e Susanna Nunes).
Pierantonio Pardi