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Attualità venerdì 28 maggio 2021 ore 19:00

Un nitrito dalla notte dei tempi

grafica sull'evoluzione delle zebre
L'evoluzione delle zebre attuali (in basso a sinistra) attraverso le specie fossili del Nord America (Equus simplicidens, a destra), Eurasia (Equus stenonis, sinistra in alto) e Africa (Equus koobiforensis, sinistra al centro)

E' nata prima la zebra o le sue strisce? E' capitanato da studiosi fiorentini lo studio sull'origine degli equidi che ha trovato l'anello mancante



FIRENZE — Sono nate prima le zebre o le sue strisce? Il cavallo o il suo nitrito? L'asino o la sua caparbietà? A tentare di rispondere arriva una nuova teoria sull’origine degli equidi, e la si deve alla ricerca coordinata da Omar Cirilli, Lorenzo Rook e Luca Pandolfi, ricercatori dell’Università di Firenze, in collaborazione con Università di Pisa, Howard University e Smithsonian Natural History Museum di Washington DC, pubblicata sulla rivistaScientific Reports.

Il nuovo tassello è il riconoscimento di Equus simplicidens, una specie vissuta in Nord America circa 4 milioni di anni fa, quale progenitore, oltre che di cavalli e asini, anche delle attuali zebre. Per dimostrarlo, i ricercatori hanno comparato le specie attuali con numerosi resti fossili provenienti non solo dal Nord America, ma anche da Europa, Asia e Africa, producendo così la più estesa analisi filogenetica finora mai realizzata per gli equidi.

“Le analisi filogenetiche permettono di individuare i rapporti evolutivi tra le specie attuali e le specie fossili – spiega Lorenzo Rook, ordinario di Paleontologia e Paleoecologia Unifi -. Recentemente, sono state sviluppate nuove metodologie genetiche che consentono di studiare i rapporti filogenetici fra le specie analizzando fossili vecchi anche di due milioni di anni. Purtroppo, queste metodologie non sono ancora disponibili per lo studio di fossili più antichi, e le tradizionali analisi di comparazione morfologica rappresentano il miglior strumento per indagare le diverse linee evolutive”.

I ricercatori sono partiti quindi dalle collezioni del Museo di Geologia e Paleontologia del Sistema Museale dell’Ateneo fiorentino, dove è custodito l’esemplare tipo di Equus stenonis, la zebra fossile del Pleistocene Inferiore. Proprio questa specie è risultata essere centrale per lo studio, mostrando caratteri morfologici intermedi tra Equus simplicidens e la prima specie fossile africana, Equus koobiforensis. Quest’ultima proveniente dal celebre sito di Koobi Fora, sul lago Turkana in Kenia, che ha restituito fossili chiave per lo studio dell’evoluzione umana.

La comparazione di cranio, mandibola e denti di Equus stenonis con quelli delle altre due specie ha permesso ai ricercatori di stabilire l’unicità del genere Equus, che è derivato dal genere Dinohippus, presente in siti ancora più antichi che si trovano nell’attuale Messico e Stati Uniti.

“Con i progressivi cambiamenti climatici che si sono succeduti tra 3 e 2 milioni di anni fa, i primi rappresentanti del genere Equus si sono diffusi prima in Eurasia e poi in Africa – chiarisce Omar Cirilli, primo firmatario dello studio-. La linea evolutiva che ha portato all’origine delle zebre e degli asini moderni è quindi identificabile in Equus simplicidens Equus stenonis – Equus koobiforensis, attraverso una progressiva evoluzione di alcune caratteristiche del cranio che possono essere interpretate come risposta ecologica ai cambiamenti ambientali, cui queste specie si sono dovute adattare con una dieta erbivora molto specializzata, tipica di ambienti molto aridi”.


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