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Attualità lunedì 23 luglio 2018 ore 15:20

​Stefano, i gheppi e Robby Naish

Il gheppio salvato sta per spiccare il volo

La bella storia di un salvataggio di un piccolo rapace avvenuto all'isola d'Elba, raccontata dall'ornitologo Giorgio Paesani



MARINA DI CAMPO — C’è una storia tutta elbana di coabitazione, di tolleranza e di condivisione degli spazi. Una storia un po’ eretica oggi come oggi, nel tempo delle paure, dei dissuasori, dei disabituanti, dei repellenti, dei gamberi killer, delle alghe killer, delle zanzare killer, degli alieni non più da nascondere nel cestino della bici per sfuggire a quei cattivoni del governo ma da additare, scacciare, espellere o, peggio, eradicare. E’ la storia di Robby Naish e di quando cadde dalla plafoniera.

Appena tornato all’Elba per “aprire” la stagione lavorativa, Stefano trova una sorpresa: sul terrazzino di casa ci sono delle deiezioni di uccelli; spruzzi bianchi un po’ dappertutto. Lì per lì non ci fa molto caso, son cose che succedono. Alcuni giorni dopo, però, aprendo il terrazzino vede fuggire via un falchetto. “Si sarà posato lì e l’ho spaventato!” Ma poi nota che la presenza del falchetto, anzi di due falchetti, è pressoché costante e da lì ad accorgersi della vera sorpresa dell’anno è un attimo: sulla plafoniera sopra la porta di accesso al terrazzino una coppia di gheppi ha “fatto” il nido. In realtà, e Stefano lo capirà molto più tardi, i gheppi non hanno costruito granché, hanno deposto le loro uova accanto alla lampadina!

I piccoli gheppi sono nati da poco e non lesinano di proiettare le loro deiezioni ovunque, che Stefano pazientemente pulisce (“Quelle sui muri? Ci penseremo alla fine!”), ogni tanto cade qualche avanzo di preda, una testa di uccellino, un pezzo di lucertola. Una rapida passata di scopa e via! Ma i falchi sono lì e danno spettacolo e dev’essere davvero emozionante guardarli negli occhi da vicino, liberi, senza lacci alle zampe o cappucci o sbarre tra lui e loro! Una sera suo figlio accende sbadatamente (la forza dell’abitudine) la luce sul terrazzino e la lampadina “coinquilina” dei nidiacei si illumina e si riscalda. Per fortuna una vicina se ne accorge e, sapendo degli ospiti speciali di Stefano, lo avverte così da farlo arrivare in tempo prima del disastro!

Ma le grane non sono finite. Un giorno Stefano esce sul terrazzino e lì, a terra, c’è un nidiaceo che lo guarda con quegli occhi neri, profondi! E’ goffo, spaurito e, ammettiamolo, decisamente carino! Si, ok, carino, ma ora che succede? Di sicuro da sé ne nido non ci torna; ha le penne delle ali appena affacciate dalle cannule e si regge pure male sulle zampe. Sarà mica ferito? Forse i genitori lo hanno buttato fuori dal nido perché malato, rachitico? Non si sa. Allora Stefano gli costruisce una protezione con un basso separé di rete, abbastanza stretto per impedire attacchi da parte di cornacchie e gabbiani ma aperto sopra per consentire ai genitori di portare del cibo al nidiaceo caduto e assicura uno scatolone di cartone a terra in modo che il falchetto ci si nasconda mentre aspetta i viveri. Però, a quanto pare, i genitori se ne disinteressano. Allora che si fa?

CI vuole un nome! Lo chiamiamo Robby , come il mito del windsurf Robby Naish, sperando che il nome leggendario lo protegga o lo contraddistingui, un po’ come facevano i nativi americani coi loro figli! Al neo battezzato Robby viene messa a disposizione della carne a pezzettini che lui fulmina in pochi secondi prendendosela da solo, per poi nascondersi nella sua nuova casa. Il contatto è minimo; il tempo di mettere e poi levare il piattino con la carne, perché nessuno osa toccare Robby, gli si potrebbe far male.. poi è una leggenda! Passano i giorni e Il falchetto cresce rapidamente ma adesso serve aiuto per capire cosa fare. Portarlo in una struttura specializzata? Provare ad alimentarlo sul posto? I genitori lo riprenderanno con sé quando sarà cresciuto?

A questo punto entro in scena io, contattato da almeno due “parti” diverse (Stefano si deve essere dato un gran da fare), arrivo da lui con la convinzione di tornarmene con un nidiaceo da portare al Centro Recupero Uccelli Marini e Acquatici della LIPU di Livorno (infatti avevo in macchina il kit di primo intervento). Sono abituato a queste situazioni, in genere la storia è un po’ triste, il nidiaceo ha dei danni fisici, o è rachitico per carenze alimentari, sporco, malnutrito, chi ti chiama non vede l’ora che tu vada via e gli rimuova il problema. Niente di tutto questo. Robby Naish sta bene, magari ancora un po’ indietro per il windsurf ma di questo passo farà anche di meglio. Il nido è tanto piccolo, a malapena contiene le due sorelle (le femmine hanno una struttura fisica più massiccia, la testa più angolata e la barratura della coda più pesante) però vale la pena di provare a rimetterlo dentro. Tanto se anche cade sono solo tre metri di “volo” e oramai le ali sono sufficientemente sviluppate da consentire un atterraggio almeno morbido, se non da campione leggendario. Via, Robby, ti faccio mangiare e poi proviamo a rimetterti nel nido!

E qui la paura attanaglia me. Le sorelle sono lì, sul bordo, che ci sorvegliano. Sono grandi abbastanza da lanciarsi nel vuoto per paura e, da quella posizione, potrebbero cadere fuori dal terrazzino e sfracellarsi. Con Robby in mano, debitamente saziato e quasi sonnacchioso, percorro i pioli dello scaleo con la lentezza del camaleonte. Non guardo i falchetti nel nido, lo so che l’occhio umano per loro è spaventoso ma.. dai fammi vedere cosa fanno.. Si grattano!? Si grattano!! Sono assolutamente tranquilli. Arrivo in cima e posiziono Robby nel nido. Le sorelle a malapena lo guardano. Arriva il maschio e si posa sull’antenna del vicino… sarebbe ora di cena.. Non resisto. Mi faccio passare la carne avanzata a Robby e provo a porgerla alle sorelle. Me la strappano dalle dita! Non ci posso credere! Sto alimentando dei pulli di gheppio liberi e selvatici! Si fidano, non sono un pericolo, anzi, una fonte di cibo.. Ok, è troppo, scendo e lasciamo i nidiacei da soli, al maschio si è aggiunta la femmina ed è ora di sloggiare.

Mi accorgo che Stefano e suo figlio, oltre che ottimi surfisti, devono cavarsela bene anche con l’apnea perché avevano trattenuto il fiato durante tutta l’operazione. Avevo il loro amico Robby, la leggenda, per le mani…

Torno felice e a mani vuote sulla scia di un “Teniamoci in contatto!” Non avevo dubbi, e infatti la prima notizia è che Robby è di nuovo a terra, pazienza, crescerà lì (il cibo non gli mancherà) ma la seconda notizia è che anche una sorella è con lui! La terza è che entrambe le sorelle hanno spiccato il volo e, dopo qualche approccio un po’ rude ai rami di un ulivo, stanno impadronendosi dell’aria.

E Robby? Beh, le ali fanno presto a crescere e lui guadagna con onore la cima della protezione anti-gabbiano, e poi un tubo della caldaia, ora vede il mondo dall’alto e segue ogni movimento di foglia, di insetto, di uccello e di rettile nel suo campo visivo studiando e immagazzinando informazioni. Gli serviranno quando spiegherà le sue vele.. volevo dire le sue ali e farà amicizia col vento.

Ed eccolo lì che vola, Robby Naish leggendario wind-surfer..oggi come oggi, nel tempo in cui navigare in rete si dice “surfare”, Robby è un navigatore del vento e rende onore al suo nome! Anche su questo i nativi americani avevano ragione..

Con un po’ di tolleranza da entrambe le parti un falchetto che sarebbe stato “di troppo” e destinato a morire invece è lì che vola, i temporanei ospiti della nidiata si sono goduti il contatto con uno spicchio di natura “vera”, non addomesticata, deviata, costretta e controllata e tutti ci hanno guadagnato. Basterebbe così poco…

Giorgio Paesani *

esperto di birdwatching dell'Associazione EBN Italia, gruppo toscano "Lo Strillozzo"


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