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La gru abbandonata che piace agli storni

Centinaia di eccelli neri, come poetò in Carducci, si riposano sull'altissima 'torre' abbandonata in un cantiere

Foto di Vito Gracci

Stormi d'uccelli neri, com'esuli pensieri, nel vespero migrar. Ai tempi di Giosuè Carducci le gru erano soltanto uccelli come gli storni, mentre un'altissima ferrea gru abbandonata in un cantiere edilizio de Le Melorie di Ponsacco lasciato a metà è diventata un punto d'appoggio per centinaia, forse migliaia, di storni.

Sono gli eccelli che invadono l'Italia e l'Europa, compresa Ponsacco, nel periodo autunnale. Sono considerati non senza verità una specie di flagello biblico per le culture come gli olivi e, nelle città e paesi dove trovano rifugio al sicuro delle doppiette, sono un flagello per tetti, strade e auto in sosta che riempiono e danneggiano col loro guano. Insomma, i loro escrementi.

Sulla possente ma degradata gru delle Melorie, come mostrano queste immagini inviateci di Vito Gracci, gli storni si riposano prima di ripartire, e flagello a parte, rappresentano uno spettacolo fra i più belli e godibili. Tanto da aver impressionato il Carducci che con gli storni concluse la sua poesia San Martino che comincia col famoso La nebbia agli irti colli..., dedicata all'atmofera autunnale di un borgo, fra i tanti, dove il vino ribolle nei tini, gli spiedi girano sui carboni accesi e gli storni volano verso lidi lontani.